di Dott. Charbel Farah - 7 giugno 2025
Negli ultimi giorni è tornato al centro del dibattito pubblico il tema della salute mentale, a seguito dell’adozione da parte della Commissione Affari Sociali del Senato del disegno di legge Zaffini come testo base per una riforma complessiva del settore. Si tratta di un’iniziativa che ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo politico, tra gli operatori della salute mentale e nella società civile. In quanto professionista del settore, ritengo importante proporre una riflessione basata sui dati e sui principi etici e clinici che orientano il nostro lavoro.
Il disegno di legge – firmato dal senatore Francesco Zaffini, presidente della Commissione Sanità per Fratelli d’Italia – contiene alcuni punti chiave:
Questi elementi hanno riportato al centro la discussione su cosa significhi oggi tutelare il diritto alla cura nella salute mentale, e quanto i principi della Legge Basaglia del 1978 siano ancora attuali.
La Legge 180 del 1978 – nota come Legge Basaglia – rappresenta una delle più importanti riforme del sistema sanitario italiano.
Con essa si sancì la chiusura dei manicomi, l’impossibilità di nuovi ricoveri in strutture psichiatriche chiuse e l’affermazione del diritto della persona con disagio psichico a ricevere cure in ambienti aperti, territoriali, fondati su rispetto, dignità e integrazione sociale. Non si trattò di un semplice atto legislativo, ma di una vera rivoluzione culturale: il paziente non più visto come “pericoloso” da isolare, ma come persona da ascoltare, comprendere e accompagnare.
Tra i più critici verso il ddl Zaffini, il senatore Filippo Sensi (PD) ha parlato di “passi indietro gravissimi”, denunciando il rischio di reintroduzione dei cosiddetti “manicomietti”, piccole strutture che, pur nel linguaggio tecnico e moderno, richiamano la logica del manicomio: luoghi chiusi, talvolta privati, con bassa trasparenza e rischio di isolamento sociale. Anche Luana Zanella (AVS) ha espresso preoccupazione, sottolineando il pericolo di creare “ghetti per chi è ai margini”, dove la salute mentale venga gestita più come un problema di ordine pubblico che come un bisogno di cura personalizzata.
La Società Italiana di Psichiatria (SIP), per voce della presidente uscente Emi Bondi, mantiene una posizione più dialogante, ma ferma sui principi:
“Un aggiornamento può essere utile dopo 40 anni, ma la Legge Basaglia resta fondamentale. Va salvaguardato lo spirito: centralità della persona, no alla segregazione, sì alla riabilitazione e all’inclusione.”
La SIP riconosce anche la richiesta crescente di strutture residenziali da parte delle famiglie, ma sottolinea che questa domanda va soddisfatta senza ricadere in logiche istituzionalizzanti, e nel rispetto della dignità del paziente.
Come psicologo, ritengo necessario interrogarsi senza ideologie ma con attenzione clinica, etica e sociale. Qualunque modifica normativa deve:
L’eventuale estensione del TSO, così come l’uso della contenzione, vanno analizzati con estrema cautela: si tratta di strumenti delicati, da utilizzare solo in situazioni di reale emergenza clinica, con trasparenza e supervisione etica.
Chi desidera conoscere meglio la storia, i valori e gli effetti della Legge Basaglia può partire da questi testi fondamentali:
Oggi più che mai è fondamentale mantenere viva la memoria della Legge Basaglia, non come un dogma del passato, ma come fondamento di una psichiatria umana, inclusiva, rispettosa della persona. Aggiornare non significa tornare indietro.
Cambiare non deve mai significare sacrificare la dignità. Il nostro compito, come operatori, cittadini e istituzioni, è quello di prendere posizione con responsabilità, e contribuire a una cultura della salute mentale più consapevole, più aperta, più giusta.