pubblicato il 06 dicembre 2025
Un viaggio tra cervello, emozioni e relazioni
Le feste natalizie riportano ogni anno la stessa domanda: perché ci piace così tanto fare regali, non solo riceverli?
Al di là del clima romantico e delle tradizioni, oggi le neuroscienze e la psicologia sociale ci permettono di capire meglio cosa accade nel cervello quando doniamo qualcosa a qualcuno a cui teniamo.
In questo articolo approfondisco, in chiave scientifico-divulgativa questo tema: il sistema di ricompensa, la connessione sociale, il ruolo dell’ossitocina, il piacere di scegliere un dono e il significato del regalo come “cura della relazione”.
1. Il dono attiva il sistema di ricompensa del cervello
Quando facciamo un regalo, nel cervello si attiva il circuito della ricompensa, un insieme di aree che comprende soprattutto lo striato ventrale (in particolare il nucleus accumbens) e alcune regioni della corteccia prefrontale. Queste aree utilizzano neurotrasmettitori come la dopamina, coinvolta in:
- sensazioni di piacere;
- motivazione a ripetere un certo comportamento;
- anticipazione della ricompensa.
Studi di neuroimaging hanno mostrato che donare denaro a un ente benefico o scegliere di aiutare un’altra persona attiva le stesse aree che si accendono quando riceviamo una ricompensa materiale o un guadagno economico. Il cervello, in altre parole, “premia” il gesto generoso come se fosse un guadagno personale. Questa attivazione si traduce soggettivamente in:
- sensazione di calore emotivo (“warm glow”);
- aumento del buonumore;
- desiderio di ripetere l’esperienza.
2. Connessione sociale e piacere: sentirsi parte di un legame
La seconda idea riguarda la connessione sociale. Non è solo il circuito della ricompensa a essere coinvolto: quando facciamo un regalo si attivano anche reti cerebrali legate:
- alla percezione di sé in relazione agli altri (corteccia prefrontale mediale, precuneo);
- all’elaborazione delle intenzioni dell’altro e della teoria della mente;
- alle emozioni sociali, come gratitudine, imbarazzo positivo, riconoscimento.
A livello psicologico, il dono comunica:
- “Ti vedo e ti penso” – l’altro si sente considerato e mentalizzato;
- “Sei importante per me” – il regalo diventa una prova tangibile del legame;
- “Faccio uno sforzo per te” – tempo, energie e attenzione dedicati all’altro.
Non è un caso che le ricerche su relazioni e salute mostrino come la qualità delle relazioni significative sia uno dei fattori protettivi più importanti per il benessere psicologico e fisico. Fare e ricevere regali si inserisce in questo quadro come micro-comportamento relazionale che rafforza il senso di appartenenza.
3. Ossitocina, fiducia e senso di sicurezza
L'ossitocina, spesso definita in modo un po’ semplicistico come “ormone dell’amore” o “molecola dell’attaccamento”. In realtà, il suo ruolo è più articolato, ma riguarda in modo chiaro:
- l’aumento della fiducia verso gli altri;
- il rafforzamento dei legami di attaccamento e della cura;
- la modulazione delle risposte allo stress in contesti sociali sicuri.
Esperimenti in laboratorio hanno mostrato che, in determinati compiti economici, un aumento dell’ossitocina porta le persone a investire di più sugli altri, cioè a fidarsi. Nella vita reale, gesti di vicinanza come abbracci, contatto fisico caldo, momenti affettivi condivisi e, in parte, anche lo scambio di regali possono favorire il rilascio di ossitocina all’interno di una relazione significativa. Questo si traduce soggettivamente in:
- maggiore sensazione di sicurezza con l’altra persona;
- percezione di vicinanza emotiva;
- riduzione, almeno temporanea, di ansia e ipervigilanza nelle relazioni importanti.
È importante sottolineare che il regalo non “magicamente” crea fiducia se la relazione è fragile o abusante; tuttavia, in un contesto sufficientemente sicuro, può diventare uno dei momenti che consolidano il legame.
4. Il piacere di scegliere e osservare il dono
Un aspetto spesso sottovalutato è che già il pensare al regalo giusto attiva circuiti cerebrali del benessere:
- immaginare la reazione dell’altro coinvolge le reti dell’empatia e della simulazione mentale;
- anticipare il momento dello scambio stimola ancora il sistema di ricompensa (piacere anticipatorio);
- scegliere qualcosa di adeguato alle caratteristiche psicologiche della persona mette in gioco funzioni di mentalizzazione (“cosa le/i piacerebbe?”, “cosa direbbe di lei/lui questo oggetto?”).
Anche osservare la persona che scarta il regalo è un’esperienza doppiamente significativa:
- a livello emotivo, perché cogliamo il suo volto, la sorpresa, il sollievo, la gratitudine;
- a livello neuronale, perché le aree coinvolte nell’osservare la gioia altrui (in parte sovrapposte a quelle che si attivano quando siamo noi a essere felici) partecipano a un processo di “ricompensa vicaria”: proviamo piacere vedendo l’altro felice.
In pratica, il dono diventa una piccola esperienza di regolazione emotiva condivisa: io penso a te, scelgo qualcosa immaginando il tuo mondo interno, guardo la tua reazione e, attraverso questa, regolo anche il mio stato emotivo.
5. Il regalo come “cura della relazione”
Dal punto di vista psicologico, il dono è un mezzo comunicativo: non conta primariamente il prezzo, ma il significato che veicola. Alcuni messaggi impliciti di un regalo ben pensato possono essere:
- “Ti conosco abbastanza da sapere cosa può farti piacere.”
- “Ho investito tempo mentale su di te.”
- “Non sei uno dei tanti: ho scelto qualcosa specifico per te.”
In termini di psicologia dell’attaccamento, questi messaggi nutrono il bisogno di:
- essere visti (riconoscimento);
- essere importanti (valore personale agli occhi dell’altro);
- sentirsi pensati anche quando non si è presenti (continuità del legame).
Per questo, in molte storie di vita, ricordiamo regali che hanno “parlato” al nostro mondo interno, anche se materialmente piccoli. Il cervello emotivo registra il dono come prova di considerazione, non come semplice oggetto.
6. Quando il regalo non fa bene: aspettative, confronto sociale e consumismo
Per completezza, è importante anche sottolineare i casi in cui fare o ricevere regali non è affatto piacevole:
- quando il dono diventa un obbligo sociale e non un gesto di scelta;
- quando è carico di aspettative implicite (“con tutto quello che ho fatto per te…”);
- quando è usato come compensazione di colpa o come strumento di controllo;
- quando il confronto sociale (chi fa il regalo più costoso, più originale, più “Instagrammabile”) genera ansia, senso di inadeguatezza o vergogna.
In queste situazioni, la stessa pratica del dono che in condizioni sane attiva il sistema di ricompensa può attivare invece:
- stress;
- autocritica;
- emozioni di colpa o di svalutazione.
Nella pratica clinica, non è raro incontrare persone che vivono il periodo natalizio con forte sovraccarico emotivo: non tanto per la solitudine, ma per l’iper-prescrittività sociale legata alle feste e ai regali.
7. Alcuni suggerimenti pratici per “regali che fanno bene”
Alla luce di quanto sappiamo da psicologia e neuroscienze, possiamo tradurre queste conoscenze in alcuni criteri orientativi:
- Più significato, meno costo
Il cervello emotivo risponde meglio a regali che comunicano conoscenza di sé e intenzionalità piuttosto che a oggetti molto costosi ma impersonali. - Personalizzare in base alla relazione
Un dono pensato per la storia specifica di quel legame (una foto, un libro con una dedica mirata, un oggetto legato a un ricordo condiviso) ha un impatto maggiore sul senso di connessione. - Coinvolgere l’altro nella scelta
In alcune relazioni, scegliere il regalo insieme (o concordare una fascia di preferenze) può ridurre l’ansia e trasformare il processo in un’esperienza condivisa, non in una “prova da superare”. - Donare anche tempo ed esperienza, non solo oggetti
Esperienze condivise (un corso, un weekend, un’attività fatta insieme) hanno un forte potere di generare ricordi, nutrire il legame e attivare le aree cerebrali della connessione sociale. - Prestare attenzione alle proprie emozioni
Se fare regali è fonte di stress o senso di costrizione, può essere utile interrogarsi sulle aspettative familiari, sulle storie passate legate al Natale e sulla possibilità di creare rituali più sostenibili e coerenti con i propri valori.
Conclusione
Fare regali non è solo una tradizione natalizia o un gesto di cortesia: è un comportamento complesso in cui si intrecciano neurobiologia, bisogni di attaccamento, regolazione emotiva e cultura delle relazioni.
- Il sistema di ricompensa ci “premia” quando doniamo.
- Le aree cerebrali della connessione sociale e dell’empatia si attivano mentre pensiamo al regalo e osserviamo la reazione dell’altro.
- L’ossitocina contribuisce a rendere questo scambio un momento di fiducia e vicinanza.
- Soprattutto, il dono – quando è autentico e pensato – comunica un messaggio fondamentale: “sei nella mia mente e nel mio cuore”.
In questo senso, il regalo diventa davvero una forma di cura della relazione: non un semplice oggetto, ma un piccolo intervento psicologico quotidiano che può nutrire il benessere di chi dona e di chi riceve.
Dott. Charbel Farah - Psicologo
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